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mercoledì 8 luglio 2015

A. come Amore.

Ti guardi in giro e ti chiedi cosa sia l'amore.
Una bambina che si appiglia in un prato alla gonna della madre come se fosse la cosa più preziosa del mondo.
Non è forse quello l'amore?
Un cane che scodinzola veloce alla vista del suo padrone, e gli salta intorno, e lo rincorre, e i suoi occhi brillano come stelle.
Non è forse quello l'amore?
Due amici che camminano senza neppure parlare ma sanno esattamente cosa le loro menti stanno dicendo, i fondo.
Non è forse quello l'amore?
Due ragazzi alla fermata dell'autobus, si guardano intorno, e si baciano con passione schiaffeggiando gli schemi e i pregiudizi.
Non è forse quello l'amore?
Due mani raggrinzite che si tengono insieme a dispetto degli anni, affaticate, ma unite.
Perchè il per sempre si fa.
L'amore ditemi voi, non è forse questo?
E poi c'è quell'uomo che guarda ogni giorno la sua donna come se fosse l'unica, come se fosse la più bella, come se fosse la prima volta.
Forse è questo, l'Amore.
Non contano i modi, non contano i colori, le forme, le etichette, l'essere.
L'essenza dell'amore non cambia mai.

V.

martedì 16 giugno 2015

HER- Bolla 6

In Time.


Non fare nulla per prendersi qualcosa che si desidera ardentemente equivale al non volerla.
La semplice equazione dell’agire e del non agire.
Lo diceva anche Seneca; non è vero che abbiamo poco tempo, noi uomini, il fatto è che ne sprechiamo tanto.
Tanto, tantissimo tempo sprecato a non fare ciò che vogliamo, a inseguire sogni sbagliati, a desiderare cose sbagliate. Soltanto la voce notturna, quella piccola vocina insopportabile che il più delle volte inizia a graffiarti i timpani nel bel mezzo della notte, è quella che devi seguire. O meglio, che dovresti seguire. 
Ma purtroppo nessuno di noi la maggior parte delle volte da peso a quella voce, la voce dell’anima, la voce dei nostri desideri.
Lui era atterrato dopo ore lunghissime di volo. 
Ore che non passavano mai, come quando da piccolo ti portavano da qualche parte e questa parte non si vedeva neanche lontanamente all'orizzonte e tu chiedevi insistentemente: "quanto manca?".
Ma non è questa la nostra storia.
In un caffè del centro se ne stava contemporaneamente una signora.
Si aggirava sulla sessantina e stava aspettando che suo marito la venisse a prendere.
Lo aspettava la due volte al mese all'incirca, dopo le sue frequenti visite nella clinica che tanto odiava ormai.
Lo aspettava con lo stesso stupore e la stessa palpitazione della prima volta che l’aveva atteso 46 anni prima, quando erano ancora giovani, belli….giovani, semplicemente.
E lui arrivava sempre, mai in ritardo, mai in anticipo, con quella quotidiana puntualità di chi si conosce da una vita intera, e si fida. E aspetta nella completa tranquillità.
Arrivava, la portava a casa, si prendeva cura di lei, ogni giorno.
Forse questa non è la storia che ci sta interessando, ma è pur sempre una piccola storia tra le storie, una di quelle che possiamo vedere se ci mettessimo semplicemente a guardare dietro il vetro di un bar.
Probabilmente è quello l’amore.
Mentre l’amore scivolava fra le mani rugose di quei due, Lui era atterrato,con la convinzione che in fondo la vita può aspettare e che le cose le ritrovi sempre così come le hai lasciate.
Qualcun altro invece stava passeggiando allegramente mentre Lui si cullava su queste assurde convinzioni.


V.

domenica 1 febbraio 2015

HER-BOLLA #5

SERENDIPITY.

Se ne stava la a fissare quel biglietto d’aereo.
Pensava al volo che non avrebbe mai avuto il coraggio di fare.
Non era più rientrato in Italia, sebbene il pensiero di farlo l’aveva sfiorato più e più volte in quelle notti insonni e afose, quelle in cui Morfeo sembra l’incarnazione perfetta e tangibile del tuo più acerrimo nemico. Le più antiche leggende lo dipingono come il dio del sogno, figlio della notte. Ma i sogni erano pietre sempre più rare nelle sue lunghissime nottate, vissute come una lunga attesa scheggiata dall’ansia, come quando sei in una sala d’attesa e un tuo caro si trova sotto i ferri.
Così quel mese, aveva  mandato giù quell’amara pillola di coraggio e si era deciso ad acquistare quel biglietto.  Gesto semplice, rapido, ma così pesante e carico di conseguenze che faceva ombreggiare la paura sotto la suola delle sue scarpe non appena abbassava la testa.
“Già un passo avanti, -penso’ fra se e se- del resto chi ben comincia è a metà dell’opera”.
Opera di autoconvincimento direbbe piuttosto qualcuno. L’importante è crederci. Ma molte volte non basta fare un passo se poi ne fai subito dopo dieci indietro. Bisogna avere fermezza e procedere.
La paura contraddistingue i nostri più accesi desideri, ma la maggior parte delle volte facciamo fatica a dirlo ad alta voce, anche solo a noi stessi. La maggior parte delle volte le cose che più vogliamo si trovano al di la del grande campo della paura. Ci danno appuntamento oltre il confine, sta soltanto a noi trovare il modo di attraversare il campo.
Perché alla fine l’amore è come una droga, crea dipendenza, e si guarisce il più delle volte ammalandosi d’altro. Peccato in quegli anni lui non fosse riuscito ad ammalarsi di quell’”altro”, o almeno non sufficientemente. Niente sembrava mai abbastanza.
Quando provi il miele migliore che tu possa trovare in commercio è difficile poi tornare ad accontentarsi di un miele scadente trovato al 50 per cento nel banco del supermercato sotto casa.
Tutti, in fondo, cerchiamo di guarire da qualcosa.
Ma la verità era che forse lui non voleva guarire.
Perché avrebbe dovuto farlo, in fondo? Era sempre stato convinto che l’unico verso amore della sua vita fosse lei, nonostante tutto, e che il filo di Arianna che li legava non si sarebbe mai potuto spezzare, riportandoli in un certo senso sempre l’uno dall’altra. Che poi è buffo. Gli inglesi dicono in spite of everything , a dispetto di tutto. Come se tutto ciò che avviene per ostacolare in qualche modo due persone che si amano non possa servire a niente in confronto del dispetto che fa poi a questi avvenimenti l’Amore, eclissando ogni turbamento o contrattempo.
Lui restava comunque uno degli ultimi romantici che credava all’anima gemella, alla metà della mela platonica, chiamatela come volete.
Ma il destino puo’ tutto o dobbiamo muoverci noi? Dare una mano? Era questo il dubbio che lo assiliva e che ritardava sempre la decisione di utilizzare finalmente quel pezzo di carta.
Serendipidy, trovare una cosa cercandone un’altra solo per pura casualità, destino, fato, i greci lo chiamavano tuke.
Restando fermi e immobili le cose che devono accadere accadranno lo stesso?
Forse la soluzione del problema era smettere di farsi domande e agire.
Ed effettivamente, agì.
Quella mattina afosa, afosa di quell’afa che le donne tanto odiano, che ti rende i capelli come quando da ragazzina scendevi da una giostra e sembrava che ti avessero messo una scopa in testa.
Agì.
Andò all’aereoporto e dopo due ore passate a fissare l’insegna luminosa di un caffè per circa due ore decise di andare a prenderselo il suo destino.

Aveva risposto alla sua domanda nel modo più semplice di farlo, semplicemente seguendo l’istinto.